Intervista filosofo

L’intervista 

«La modernità che ha detto “no” alla metafisica si è conclusa. Ripartiamo dal realismo di una ragione aperta allo stupore» La provocazione di Vittorio Possenti

FILOSOFI

a un bivio Ora rialziamo lo sguardo

ANTONIO GIULIANO

Bisogna prenderne atto: la filosofia moderna si è conclusa da un pezzo. Sul campo sono rimaste le sue ceneri: un diffuso scetticismo e un indebolimento della ragione.

È forte la tesi dell’ultimo saggio di Vittorio Possenti, Il realismo e la fine della filosofia moderna (Armando, pp. 288, euro 24), un volume che traccia un approccio controcorrente rispetto alla cultura dominante, per rinnovare il pensiero e condurlo dal nichilismo alla metafisica. Classe 1938, decano della filosofia morale e politica, autore di oltre 30 volumi, membro per molti anni del Comitato nazionale per la Bioetica, Possenti sente che non può essere taciuta l’essenza stessa di una disciplina così connaturata al cuore dell’uomo: «I bambini non lo sanno, ma a modo loro sono già filosofi. Lo vedo anche con i miei nipotini. Essi già dalla prima infanzia si interrogano sulle cose e bombardano gli adulti con infiniti “perché?”».

Perché invece non verrà mai meno la filosofia?

«Anche la filosofia ha i suoi scribi e i suoi farisei che vorrebbero decretarne la morte, ma si tratta di un’illusione. La filosofia è indispensabile perché l’uomo non può non porsi molteplici domande sulla verità, il bene, la libertà, la giustizia, la morte. La filosofia aiuta a capire e può essere una luce di conforto. Se qualcosa è buono e vero è anche divino».

Ma a che cosa serve la filosofia?

«L’obiezione tante volte ripetuta, emergente dal mondo degli uomini “pratici” e dediti agli affari, è che la filosofia non “serve” a nulla. Questo è vero: propriamente parlando, la filosofia non serve a nulla. Infatti appartiene ad una sfera che è al di sopra dell’utile, al quale soltanto si applica la categoria del servire o del non servire. La filosofia non serve, perché appartiene all’ordine dei fini, non dei mezzi. Ha un ruolo imprescindibile perché ha a che fare con quanto riguarda il vero, il bene, il bello. Da questo punto di vista è un’inutile necessità. Anche perché senza possedere strumenti critici i cittadini rischiano di essere manipolati dai potenti e dagli opinionisti di turno. Una filosofia aperta conduce oltre la cultura monodimensionale in cui siamo immersi».

Nel libro ribadisce come accanto al relativismo sia oggi in realtà dominante una posizione assolutista per cui la verità ci viene solo dalla scienza.

«Una decina di anni fa J. Ratzinger parlò di dittatura del relativismo. Se ci si riferisce all’etica è vero: effettivamente molti sostengono un completo politeismo dei valori, ciascuno sceglie quelli che al momento preferisce. Ma se passiamo dal campo morale a quello teoretico troviamo una posizione assolutista e tutt’altro che relativista: la dittatura dello scientismo per cui ogni conoscenza proviene solo dalla scienza che presto o tardi metterà fuori gioco la filosofia. È il postulato inaccettabile di ogni antico e nuovo positivismo, oggi quanto mai diffuso».

È la stessa visione che oggi tocca questioni eticamente sensibili nel campo biopolitico: dall’aborto all’eutanasia…

«Nell’antropologia la posizione dominante in Occidente è il materialismo e il naturalismo: l’essere umano è solo materia con un più alto grado di evoluzione. Vi è urgente bisogno di una verità integra sulla persona umana. La questione è particolarmente acuta in quanto ciascuno di noi è in gioco con tutto se stesso, è imbarcato, come direbbe Pascal. Pensiamo all’importanza di temi quali la vita, la malattia, la morte. Non è la morte diventata un argomento osceno, di cui non si vuole parlare? Eppure già per Platone la filosofia era una praeparatio e meditatio mortis.La rimozione della morte è allora uno stratagemma che ad un certo momento si disfa lasciandoci indifesi dinanzi alla nostra fine».

La filosofia non può fare a meno della verità. Ma che cos’èla verità e come ci si può arrivare?La Scuola di Atene Raffaello

«Verità è dire come stanno le cose, dalle più semplici alle più ardue, e tutta la nostra vita è coinvolta in tale ricerca. Noi non scegliamo di cercare la verità, ma siamo originariamente e già sempre aperti ad essa con tutto il nostro essere. Nessuno vuole essere ingannato e conoscere il falso, mentre tutti desiderano conoscere il vero. Aristotele ha iniziato la sua Metafisica con queste parole: “Tutti gli uomini sono protesi per natura alla conoscenza”. Aggiungerei un motivo antropologico: l’uomo filosofa per essere felice, perché solo la verità lo rende tale. La felicità scaturisce nell’atto stesso del raggiungimento della verità. Il pensare aperto predispone a stupirci dinanzi alla realtà e all’esistenza. La tecnica oggi spegne le domande, ma lo stupore è la chiave della felicità».

«Oggi la dittatura dello scientismo spegne le domande fondamentali. Ma l’uomo ha bisogno di sapere la verità su se stesso per essere felice»

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Per la lettura integrale dell'intervista cfr. Avvenire del 18 maggio 2016

Img: Raffaello Sanzio, La Scuola di Atene (1509-1511), Musei Vaticani (Roma)

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- 8 maggio 2014

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