L’infinita superficie di Palomar e le opportunità della democrazia
Nel fondo di Maurizio Iacono, su questo giornale lo scorso 8 maggio, colpisce l’affermazione per la quale «Compito della sinistra dovrebbe essere quello di rifare la politica per farci sognare».
La matrice culturale mi differenzia da Iacono, al quale sono legato da grande amicizia, e mi porta ad identificarmi sopratutto con la «politica per farci sognare». Contemporaneamente vedo ogni parte politica potenzialmente portatrice della possibilità di una vision del mondo entro la quale proporre. E proporsi.
Ma sogno anch’io, e sogno un mondo nel quale si realizzino la dignità della persona umana, il bene comune, la sussidiarietà, la solidarietà, la sostenibilità: nel mondo che sogno, la vita umana, rispettata dal concepimento alla morte naturale, è parte della crescita del bene comune; la famiglia e tutte le realtà votate all’impegno gratuito a favore del prossimo realizzano scopi che lo Stato non deve far altro che permettere e favorire; ci riconosciamo nei cittadini come quelli di Lampedusa per la capacità di accogliere l’altro anche quando è ferito ed emarginato; si alternano le generazioni in una storia che si costruisce, senza singhiozzare in ricorsi procurati dal conflitto intergenerazionale, ma con il contributo di chi, giovane o anziano, nella parola della politica, articola la grammatica che permette a ciascuno di leggere la propria storia come parte integrante di quella dell’altro.
Sognare implica, però, l’uscita dalle parole astratte che imprigionano il pensiero (di chi ha la bontà e la pazienza di ascoltare) confinandolo nella semplificatoria banalità che contrappone, ad es., il ‘rigore’ alla ‘crescita’, in una realtà nella quale anche Palomar, l'indimenticato personaggio di Italo Calvino, ricordato da Paolo di Paolo (Tempo senza scelte, Einaudi, 2016) farebbe fatica a «recuperare una porzione, sia pur minima, di spazio non colonizzata dalle parole generiche ed astratte».
D’altra parte risulta alquanto singolare che coloro i quali propongono (e si propongono come i soggetti per) la politica del futuro, semplicemente moderna nel presente, propugnino la democrazia della «rete»: una di quelle metaforiche espressioni che, come per il ‘rigore’ e la ‘crescita’ oppongono “l’esenzione dal dovere di pensare per chi scrive” alla “esenzione dal dovere di pensare per chi legge” (Gianrico Carofiglio, Venerdì, 12 Maggio 2017, nella sua lezione alla Scuola Normale Superiore di Pisa): in effetti, ripensando al contenuto di quest’espressione, fuori dalla parte consunta del linguaggio comune” (Carofiglio, cit.) riaffiora, sempre entro la metafora, la consistenza di uno strumento di pesca che cattura, in nodosi e stretti angoli di solitudine, l'esperienza che alle persone si propone della politica, quando estromette dalla relazione, riducendo gli elettori entro un più elementare rapporto con il video, con lo smartphone, in solitudine, senza confronto. Il tutto senza la possibilità di “incorporare” quell’inesauribile superficie delle cose, che Palomar ha conosciuto, contemplando il mondo, come avremmo, invece, il diritto di pretendere dalla politica, se solo questa si esprimesse nella rassicurante sintassi del dialogo, proprio di un’autentica democrazia che, come tale, non può ridursi a quelle parole astratte, ma deve declinarsi nella concretezza delle relazioni sociali.
Il sogno è possibile ma prende corpo se la testa è in cielo, come quella di Palomar che lo contempla disteso sulla superficie dell’acqua, ed i nostri piedi sono ben piantati per terra, se la politica ci coinvolge, con la mission cui è tenuto chi ti domanda il consenso per rappresentarti, e la vision che condividono le persone, che non galleggiano, ma camminano, dentro alla famiglia, sul posto di lavoro e nelle relazioni sociali. Ogni giorno.
Giuseppe Mazzotta
Nella foto: Sunshine,
Edward Potthast (1889), Cincinnati Art Museum, oil on canvas
Alfonso M. Iacono
IL TIRRENO
La confusione è grande sotto il cielo. Il Senato dice sì alle telefonate libere, moleste selvagge, la Camera dà la licenza di sparare, ma solo di notte, sulle Ong e i migranti siamo al caos (come ricorda Crozza, a chi importa se sono state salvate vite umane?). ma almeno, dopo le primarie, qualcosa si è chiarito. Il PD di Renzi si attesta come partito di centro e non di centro-sinistra. Può darsi che abbia e avrà molti elettori di sinistra ma il PD non lo è più. Non ritengo che Orlando, dopo i risultati delle primarie, possa essere considerato, se mai lo è stato, un’alternativa. Forse un’alibi piuttosto debole per chi sta dentro il PD o forse una collocazione che tenta di frenare la deriva verso un centro che guarda a destra. Ma è sufficiente e credibile il discorso: “tutti uniti contro la destra”? A me pare che ciò ricordi quei film di fantascienza degli anni ’50 quando gli esseri umani, i popoli, gli stati, divisi politicamente e ideologicamente fra loro, univano le forze contro i marziani. Ritrovarsi uniti contro qualcuno o qualcosa forse toglie un po’ d’ansia, ma è la soluzione? La destra, i 5Stelle, la Lega sono marziani? O uomini come tutti gli altri? Questa domanda vale anche per la sinistra frammentata fatta di Articolo Uno MDP, Sinistra Italiana, Pisapia ecc. Al momento in cui arriveranno i marziani, torneranno a riunirsi con il PD? Ma allora perché ne sono usciti o, come Sinistra Italiana, è rinata dalle ceneri di Sinistra e Libertà? A quale scopo? A me sembra piuttosto noioso questo procedere per dibattiti fatti dai parlamentari di sinistra su leggi e leggine. Tutte cose giuste, per carità! Ma continuare a identificare una forza politica con la sua quasi sola presenza istituzionale è lo sbaglio più grande che una sinistra oggi possa fare. Per questo tipo di identificazione vi sono già i due partiti attualmente più forti e antagonisti fra loro, il PD e i 5Stelle. Compito della sinistra dovrebbe essere quello di rifare la politica per farci sognare. Gramsci detestava l’idea del sognare ad occhi aperti, che considerava una specie di fuga dalla realtà. Contro di essa propose la famosa frase: “pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà”. Il pessimismo dell’intelligenza si accompagna al senso critico, ma l’ottimismo della volontà può essere dato solo da qualcosa che immaginiamo, sogniamo, desideriamo, speriamo di ottenere. Al contrario di un diffuso senso comune, l’immaginazione può convivere benissimo con il realismo. Una politica di sinistra deve confrontarsi con i problemi esistenziali dei singoli e delle collettività, con i loro mali, con le loro illusioni. Ad esempio, la precarietà non è soltanto una questione economica legata al lavoro e allo sfruttamento. E’una condizione dell’esistenza che proprio in quanto si associa al fragile mutare delle cose, si oppone al tempo di una vita che è fatta di nascita, infanzia, adolescenza, giovinezza, maturità, vecchia e morte. Oggi, anche grazie all’allungamento della vita in Occidente, questi passaggi sono confusi, nascosti dall’estetica e dalla chirurgia plastica. Perfino l’adolescenza si allunga senza fine e si mescola con la giovinezza. La morte non esiste. Tutto è precario perché tutto sembra rinviabile. Fare figli, per esempio. Questo ha a che fare con la politica? E con una politica di sinistra? Per chi sente il vuoto di una vita senza tempo e sostanza, sì. Per chi guarda il lato crudele di una precarietà che affonda il coltello nella diseguaglianza, sì. La politica non è soltanto amministrazione del potere, ma anche e soprattutto sguardo sul futuro con i piedi ben saldati sul tempo presente. E’ la scienza del possibile che si proietta in un futuro in cui vale la pena sperare. Altrimenti a che serve una sinistra?
L’infinita superficie di Palomar e le opportunità della democrazia.
Nel fondo di Maurizio Iacono, su questo giornale lo scorso 8 maggio, colpisce l’affermazione per la quale «Compito della sinistra dovrebbe essere quello di rifare la politica per farci sognare».
La matrice culturale mi differenzia da Iacono, al quale sono legato da grande amicizia, e mi porta ad identificarmi sopratutto con la «politica per farci sognare». Contemporaneamente vedo ogni parte politica potenzialmente portatrice della possibilità di una vision del mondo entro la quale proporre. E proporsi.
Ma sogno anch’io, e sogno un mondo nel quale si realizzino la dignità della persona umana, il bene comune, la sussidiarietà, la solidarietà, la sostenibilità: nel mondo che sogno, la vita umana, rispettata dal concepimento alla morte naturale, è parte della crescita del bene comune; la famiglia e tutte le realtà votate all’impegno gratuito a favore del prossimo realizzano scopi che lo Stato non deve far altro che permettere e favorire; ci riconosciamo nei cittadini come quelli di Lampedusa per la capacità di accogliere l’altro anche quando è ferito ed emarginato; si alternano le generazioni in una storia che si costruisce, senza singhiozzare in ricorsi procurati dal conflitto intergenerazionale, ma con il contributo di chi, giovane o anziano, nella parola della politica, articola la grammatica che permette a ciascuno di leggere la propria storia come parte integrante di quella dell’altro.
Sognare implica, però, l’uscita dalle parole astratte che imprigionano il pensiero (di chi ha la bontà e la pazienza di ascoltare) confinandolo nella semplificatoria banalità che contrappone, ad es., il ‘rigore’ alla ‘crescita’, in una realtà nella quale anche Palomar, l'indimenticato personaggio di Italo Calvino, ricordato da Paolo di Paolo (Tempo senza scelte, Einaudi, 2016) farebbe fatica a «recuperare una porzione, sia pur minima, di spazio non colonizzata dalle parole generiche ed astratte».
D’altra parte risulta alquanto singolare che coloro i quali propongono (e si propongono come i soggetti per) la politica del futuro, semplicemente moderna nel presente, propugnino la democrazia della «rete»: una di quelle metaforiche espressioni che, come per il ‘rigore’ e la ‘crescita’ oppongono “l’esenzione dal dovere di pensare per chi scrive” alla “esenzione dal dovere di pensare per chi legge” (Gianrico Carofiglio, Venerdì, 12 Maggio 2017, nella sua lezione alla Scuola Normale Superiore di Pisa): in effetti, ripensando al contenuto di quest’espressione, fuori dalla parte consunta del linguaggio comune” (Carofiglio, cit.) riaffiora, sempre entro la metafora, la consistenza di uno strumento di pesca che cattura, in nodosi e stretti angoli di solitudine, l'esperienza che alle persone si propone della politica, quando estromette dalla relazione, riducendo gli elettori entro un più elementare rapporto con il video, con lo smartphone, in solitudine, senza confronto. Il tutto senza la possibilità di “incorporare” quell’inesauribile superficie delle cose, che Palomar ha conosciuto, contemplando il mondo, come avremmo, invece, il diritto di pretendere dalla politica, se solo questa si esprimesse nella rassicurante sintassi del dialogo, proprio di un’autentica democrazia che, come tale, non può ridursi a quelle parole astratte, ma deve declinarsi nella concretezza delle relazioni sociali.
Il sogno è possibile ma prende corpo se la testa è in cielo, come quella di Palomar che lo contempla disteso sulla superficie dell’acqua, ed i nostri piedi sono ben piantati per terra, se la politica ci coinvolge, con la mission cui è tenuto chi ti domanda il consenso per rappresentarti, e la vision che condividono le persone, che non galleggiano, ma camminano, dentro alla famiglia, sul posto di lavoro e nelle relazioni sociali. Ogni giorno.
Giuseppe Mazzotta
Alfonso M. Iacono
IL TIRRENO
La confusione è grande sotto il cielo. Il Senato dice sì alle telefonate libere, moleste selvagge, la Camera dà la licenza di sparare, ma solo di notte, sulle Ong e i migranti siamo al caos (come ricorda Crozza, a chi importa se sono state salvate vite umane?). ma almeno, dopo le primarie, qualcosa si è chiarito. Il PD di Renzi si attesta come partito di centro e non di centro-sinistra. Può darsi che abbia e avrà molti elettori di sinistra ma il PD non lo è più. Non ritengo che Orlando, dopo i risultati delle primarie, possa essere considerato, se mai lo è stato, un’alternativa. Forse un’alibi piuttosto debole per chi sta dentro il PD o forse una collocazione che tenta di frenare la deriva verso un centro che guarda a destra. Ma è sufficiente e credibile il discorso: “tutti uniti contro la destra”? A me pare che ciò ricordi quei film di fantascienza degli anni ’50 quando gli esseri umani, i popoli, gli stati, divisi politicamente e ideologicamente fra loro, univano le forze contro i marziani. Ritrovarsi uniti contro qualcuno o qualcosa forse toglie un po’ d’ansia, ma è la soluzione? La destra, i 5Stelle, la Lega sono marziani? O uomini come tutti gli altri? Questa domanda vale anche per la sinistra frammentata fatta di Articolo Uno MDP, Sinistra Italiana, Pisapia ecc. Al momento in cui arriveranno i marziani, torneranno a riunirsi con il PD? Ma allora perché ne sono usciti o, come Sinistra Italiana, è rinata dalle ceneri di Sinistra e Libertà? A quale scopo? A me sembra piuttosto noioso questo procedere per dibattiti fatti dai parlamentari di sinistra su leggi e leggine. Tutte cose giuste, per carità! Ma continuare a identificare una forza politica con la sua quasi sola presenza istituzionale è lo sbaglio più grande che una sinistra oggi possa fare. Per questo tipo di identificazione vi sono già i due partiti attualmente più forti e antagonisti fra loro, il PD e i 5Stelle. Compito della sinistra dovrebbe essere quello di rifare la politica per farci sognare. Gramsci detestava l’idea del sognare ad occhi aperti, che considerava una specie di fuga dalla realtà. Contro di essa propose la famosa frase: “pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà”. Il pessimismo dell’intelligenza si accompagna al senso critico, ma l’ottimismo della volontà può essere dato solo da qualcosa che immaginiamo, sogniamo, desideriamo, speriamo di ottenere. Al contrario di un diffuso senso comune, l’immaginazione può convivere benissimo con il realismo. Una politica di sinistra deve confrontarsi con i problemi esistenziali dei singoli e delle collettività, con i loro mali, con le loro illusioni. Ad esempio, la precarietà non è soltanto una questione economica legata al lavoro e allo sfruttamento. E’una condizione dell’esistenza che proprio in quanto si associa al fragile mutare delle cose, si oppone al tempo di una vita che è fatta di nascita, infanzia, adolescenza, giovinezza, maturità, vecchia e morte. Oggi, anche grazie all’allungamento della vita in Occidente, questi passaggi sono confusi, nascosti dall’estetica e dalla chirurgia plastica. Perfino l’adolescenza si allunga senza fine e si mescola con la giovinezza. La morte non esiste. Tutto è precario perché tutto sembra rinviabile. Fare figli, per esempio. Questo ha a che fare con la politica? E con una politica di sinistra? Per chi sente il vuoto di una vita senza tempo e sostanza, sì. Per chi guarda il lato crudele di una precarietà che affonda il coltello nella diseguaglianza, sì. La politica non è soltanto amministrazione del potere, ma anche e soprattutto sguardo sul futuro con i piedi ben saldati sul tempo presente. E’ la scienza del possibile che si proietta in un futuro in cui vale la pena sperare. Altrimenti a che serve una sinistra?