Paganini? «Furono Heine e Goethe a descriverlo come un diavolo. Un’immagine che resiste».
«Svelo i segreti del Cannone, celebre violino di Paganini»
Francesca Dego: nuova musica per lo strumento amato dal compositore
Valerio Cappelli
È il più celebre violino del mondo, e Francesca Dego ne svela segreti e misteri. «Il Cannone» è il Guarneri del Gesù del 1743 che, per la prima volta, non suona musica del suo ex illustre proprietario, Niccolò Paganini, ma brani a lui ispirati. Accade nel cd di Chandos che la violinista ha inciso nella sede del Comune di Genova, dove lo strumento viene custodito. Dopo il restauro del 2004, lo si concede molto di rado.
A chi appartiene?
«Al Comune. Paganini nel testamento scrisse: perché venga conservato perpetuamente. Si è dibattuto sul significato di queste sue parole a livello legale, si deve suonare o si deve soltanto custodire? Il figlio di Paganini, dal nome altisonante, il barone Achille Cesare Alessandro, non lo voleva mollare, lo consegnò 11 anni dopo la morte del padre».
Che suono ha?
«Nobile, vellutato, saggio. Risponde meglio se lo lasci respirare, è come se non sopportasse le intemperanze e i guizzi di troppo. Questo violino, di cui da piccola avevo il poster in camera, ha bisogno di essere ascoltato e capito, mostra i segni degli anni che Paganini passò a suonarlo».
Quali segni?
«All’epoca i violinisti non usavano la mentoniera (sostiene il mento) e la spalliera. Suonavano in modo diverso e il sudore intasava le vernici. I segni, visto che è stato di Paganini per quarant’anni, sono suoi, quelli accanto alla tastiera, le unghie quando pizzicava le corde sono le sue».
Lei era in soggezione durante l’incisione?
«Alcuni non amano il Cannone come lo amo io, è una questione di pelle, d’istinto. Sul palco erano con me un liutaio e le sei guardie che lo custodiscono, ma non possono toccarlo».
Col violino voi avete un rapporto fisico, come fosse un’appendice. Le è mai capitato di dimenticarne uno?
«Sì, una volta in treno. Me ne resi conto dopo aver cambiato binario, stavo leggendo un libro di Ken Follett. Corsi a perdifiato e fermai il treno inventandomi che avevo dimenticato mio figlio. Cosa posso dire, l’essere umano è fallibile, c’è chi dimentica un bambino in auto…Ma non mi sto giustificando».
Il cd «nasce» da Paganini.
Il disco
«Durante la registrazione del disco erano con me un liutaio e sei guardie»
«Carlo Boccadoro riscrive il Cantabile, uno dei pezzi più iconici di Paganini, l’originale è per violino e chitarra che qui viene sostituito dal pianoforte, ispirandosi a un ipotetico incontro tra Paganini e Chopin (che comunque ebbe modo di ascoltarlo), lasciando identica la parte per violino. Poi ci sono La Campanella nella versione più breve di Kreisler, A Paganini di Schnittke è il pezzo più drammaticamente contemporaneo, poi Rossini per uno dei Peccati di vecchiaia pensò al suo amico Paganini, che era già morto, brano di una dolcezza sconvolgente, contro l’immagine luciferina che si ha di lui».
I due erano amici.
«Paganini diresse la prima di Matilde di Shabran a Roma, un fiasco terribile e loro due si ubriacarono, era Carnevale, mascherati si misero a suonare chiedendo l’elemosina».
L’odore di zolfo, il «diabolico» Paganini?
«Fu un genio del marketing, appena arrivava in una città andava nei cimiteri, furono Heine e Goethe a descriverlo come un diavolo. Un’immagine che resiste».
Che idea di virtuosismo trasmette?
«Non è semplice acrobazia, per me è al cento per cento teatro, rientra nel filone che porta al belcanto, la musica che lui ascoltava».
L’amore per Paganini?
«Me lo trasmise mio padre Giuliano, un letterato venuto a mancare in agosto. Scrisse un libro sulla fuga dalla Germania, prima della guerra, del mio bisnonno ebreo, amico di Albert Schweitzer. I nazisti sterminarono ben 46 nostri parenti».
Lei fece un cd su Paganini con suo marito, il direttore Daniele Rustioni.
«Ci conosciamo da 16 anni, più di metà della mia vita. Mi sento quasi in colpa ma il lockdown l’abbiamo vissuto benissimo a Londra dove viviamo. Giocavamo a frisbee nel parco, a casa ci coccolavamo suonando quasi fossimo due amatori della musica».
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