La modernità delle radici nella qualità e nel gusto, come il dialetto in poesia
Caro Padre, sono molto lieto di annunciarVi che finalmente, dopo tanti sacrifici, abbiamo avuto la soddisfazione che meritavamo.
Il nostro buon vino, fatto con grande amore ed esperienza, da oggi sarà consegnato in tutto il Regno;desidero inoltre portarVi a conoscenza che a giorni partirà un carro carico del nostro vino per le lontano terre della Savoia e del Granducato di Toscana.
Voi soltanto potete comprendere il nostro stato d’animo e il nostro orgoglio nel fare tutto ciò. PensandoVi sempre, un forte abbraccio.
Vostro figlio Camillo
________________________
Lettera di Camillo Di Carlo al padre - Crecchio, 13 Dicembre 1830
* * * * *
Esattamente centosettanta anni fa', di figlio in padre, si potrebbe dire, rovesciandosi la naturale gerarchia intergenerazionale, generalmente solidissima, specie quando si declini nell'attività di impresa radicandosi nel territorio.
Scoprire, anzi, ritrovare questa lettera è stato un caso, quasi uno scherzo, il 13 dicembre 2020, gustando un Montepulciano d'Abruzzo DOC, nel suo rosso rubino e le sue lievi sfumature violacee, che avevo intuito mentre lo guardavo prendere morbida forma al momento in cui lo avevo lasciato scivolare nel calice; non aveva per nulla tradito le attese con i suoi profumi di frutti rossi, come la mora, forse già matura, il gelso, che lasciava immaginare l'umido e cromatico sottobosco di questo periodo dell'anno, persistente nei sentori di visciola e maraschino, e spezie.
Il caso o uno scherzo si diceva, visto che a farmi incuriosire sull'azienda, che ha pubblicato la lettera, è stato il nome di questo Montepulciano d'Abruzzo, Dharma, particolarissimo termine sanscrito che presso le religioni dell'Asia Minore esprime significati molteplici, quali Dovere, Legge, cosmica e naturale. Non è stato certo un così alto riscontro etimologico agganciato alla storia delle religioni, la fonte della scoperta di un modesto amante del vino, bensì proprio quell'etichetta, storta. Quelli della mia generazione hanno conosciuto la martellante pubblicità televisiva di una bottiglia di rinomata marca di whisky scozzese prodotta nella piccola città di Kilmarnock, il Johnnie Walker, la marca di whisky più venduta al mondo con oltre 100 milioni di bottiglie all'anno, bottiglie tutte con un regolarissimo difetto, l'etichetta storta, appunto, proprio come quella presentata dal Dharma.
Così ho scoperto la Agriverde, a Caldari di Ortona (Chieti), ove però il vino biologico è tutt'altro che irregolare, visto che, con la certificazione I.C.E.A. nel 1991, Agriverde ha abbracciato una produzione vitivinicola sostenibile e salubre, ben prima che tutto questo diventasse anche il business che oggi interessa anche nella grande distribuzione i prodotti biologici.
Nel 1988 i 65 ettari di proprietà della famiglia Di Carlo venivano convertiti al regime biologico, adottando tecniche raffinate ed efficaci, quale quella che, attraverso gli azoto - fissatori (tubercoli - radicali micorizzati sull’apparato radicale), fissa l’azoto atmosferico nel suolo evitando il ricorso a fertilizzanti chimici di sintesi. I vigneti sono fertilizzati ricorrendo alghe ed acidi umici e – nei processi di chiarifica – senza utilizzo di Albumina né Caseina (sostanze derivanti dalle uova e dal latte ed incompatibili con la produzione bio vegana).
Un radicalità, insomma, storica e insieme contemporanea, un po' come il dialetto.
Allora, mentre gustiamo questo vino che, rammentandoci il sottobosco, ci accompagna nell'ancora lunga attesa del bella stagione, buon compleanno con i versi, in dialetto, di Vittorio Clemente (Bugnara 1895 – Roma 1975), abruzzese nato nel secolo in cui Agriverde era già diventata un agrande azienda,
Lu paisitte mö
Ammónde pe lla costte stta agguattate
lu pajisitte mö (1) tra gli vignéte;
n’atre cchiù bbiéglie (2) ji ne nn-hai trevate (3)
gerenne pe sttu múnne annanze i arréte.
Tra le vérde (4) de vigne i dd’ulivéte
s’affacce a uardà abballe alla vallate
ddó lu fiume se fa tande candate
tra ddu file de piúoppe (5) i dde cannéte.
Cande lu Seggettarie (6) frésche i cchiare
i lle uagliune càndene d’amore
mmezZe alla jerve nfiore de lu prate.
Lu pajisitte mö è bbiéglie (7) i ccare:
ce stta mamma, la casa, lu mio core;
lu cchiù bbiéglie è dde tutta la vallata.
Da Tiémbe de sole e fiure
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Il paesetto mio.
Ammonte per la costa sta agguattato / il paesetto mio di tra i vigneti; /uno più bello non ne ho mai trovato / in giro per il mondo avanti e dietro. // Tra il verde delle vigne e degli ulivi / s’affaccia a guardar giù per la vallata / dove il fiume si fa tante cantate / tra due file di pioppi e di canneti. // Il Sagittario canta, fresco e chiaro, / e le fanciulle cantano d’amore / in mezzo all’erba in fiore delle prata. // Il paesetto mio è bello e caro: / ci sta mamma, la casa ed il mio amore; / il più bello è di tutta la vallata. // (Trad. di Ottaviano Giannangeli)
Nell’originale: 1. mi’; 2. bielle; 3. truvate; 4. lu verde; 5. pioppe; 6. Saggittarie; 7. belle.
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Buon compleanno, allora, e, soprattutto, buon vino!