È piacevolissima e sentimentalissima la stessa luce veduta nelle città, dov’ella è frastagliata dalle ombre

220px Italo CalvinoMa forse l'inconsistenza non è nelle immagini o nel linguaggio soltanto: è nel mondo. La peste colpisce anche la vita delle persone e la storia delle nazioni, rende tutte le storie informi, casuali, confuse, senza principio né fine. il mio disagio è per la perdita di forma che constato nella vita, e a cui cerco d'opporre l'unica difesa che riesco a concepire: un'idea della letteratura

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Le ragioni di Leopardi sono perfettamente esemplificate dai suoi versi, che danno loro l'autorità di ciò che è provocato dai fatti. Continuo a sfogliare lo Zibaldone cercando altri esempi di questa sua passione ed ecco trovo un nota più lunga del solito, un elenco di situazioni propizie allo stato d'animo dell'«indefinito»:

La luce del sole o della luna, veduta in luogo dov’essi non si vedano e non si scopra la sorgente della luce; un luogo solamente in parte illuminato da essa luce; il riflesso di detta luce e i vari effetti materiali che ne derivano; il penetrare di detta luce in luoghi dov’ella divenga incerta e impedita e non bene si distingua, come attraverso un canneto, in una selva, per li balconi socchiusi ec. ec.; la detta luce veduta in luogo, oggetto ec. dov’ella non entri e non percota dirittamente, ma vi sia ribattuta e diffusa da qualche altro luogo od oggetto ec. dov’ella venga a battere; in un andito veduto al di dentro o al di fuori e in una loggia parimente ec.; quei luoghi dove la luce si confonde ec. ec. colle ombre, come sotto un portico, in una loggia elevata e pensile, fra le rupi e i burroni, in una valle, sui colli veduti dalla parte dell’ombra, in modo che ne sieno indorate le cime; il riflesso che produce, per esempio, un vetro colorato su quegli oggetti su cui si riflettono i raggi che passano per detto vetro; tutti quegli oggetti insomma che per diverse (1745) materiali e menome circostanze giungono alla nostra vista, udito ec. in modo incerto, mal distinto, imperfetto, incompleto, o fuor dell’ordinario ec.

Ecco dunque cosa richiede da noi Leopardi per farci gustare la bellezza dell'indeterminato e del vago! E' un'attenzione estremamente precisa e meticolosa che egli esige nella composizione d'ogni immagine, nella definizione minuziosa dei dettagli, nella scelta degli oggetti, dell'illuminazione, dell'atmosfera, per raggiungere la vaghezza desiderata. Dunque Leopardi, che avevo scelto come contraddittore ideale della mia apologia dell'esattezza, si rivela un decisivo testimone a favore.

giacomo leopardi dipinto da lolli origÈ piacevolissima e sentimentalissima la stessa luce veduta nelle città, dov’ella è frastagliata dalle ombre, dove lo scuro contrasta in molti luoghi col chiaro, dove la luce in molte parti degrada a poco a poco, come sui tetti, dove alcuni luoghi riposti nascondono la vista dell’astro luminoso ec. ec. A questo piacere contribuisce la varietà, l’incertezza, il non veder tutto e il potersi perciò spaziare coll’immaginazione, riguardo a ciò che non si vede. Similmente dico dei simili effetti, che producono gli alberi, i filari, i colli, i pergolati, i casolari, (1746) i pagliai, le ineguaglianze del suolo ec. nelle campagne. Per lo contrario una vasta e tutta uguale pianura, dove la luce si spazi e diffonda senza diversità, né ostacolo; dove l’occhio si perda ec. è pure piacevolissima, per l’idea indefinita in estensione, che deriva da tal veduta. Cosí un cielo senza nuvolo. Nel qual proposito osservo che il piacere della varietà e dell’incertezza prevale a quello dell’apparente infinità e dell’immensa uniformità. E quindi un cielo variamente sparso di nuvoletti è forse piú piacevole di un cielo affatto puro; e la vista del cielo è forse meno piacevole di quella della terra e delle campagne ec., perché meno varia (ed anche meno simile a noi, meno propria di noi, meno appartenente alle cose nostre ec.). Infatti ponetevi supino in modo che voi non vediate se non il cielo, separato dalla terra, voi proverete una sensazione molto meno piacevole che considerando una campagna o considerando il cielo nella sua corrispondenza e relazione colla terra ed unitamente ad essa in un medesimo punto di vista. È piacevolissima ancora, per le sopraddette (1747) cagioni, la vista di una moltitudine innumerabile, come delle stelle o di persone ec., un moto moltiplice, incerto, confuso, irregolare, disordinato, un ondeggiamento vago ec., che l’animo non possa determinare né concepire definitamente e distintamente ec., come quello di una folla o di un gran numero di formiche o del mare agitato ec. Similmente una moltitudine di suoni irregolarmente mescolati e non distinguibili l’uno dall’altro ec. ec. ec. (20 settembre 1821).

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Da Lezioni Americane, Esattezza, di Italo Calvino

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- 8 maggio 2014

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