Pietas
Il Filottète (in greco Φιλοκτήτης, Philoktètes), è una tragedia di Sofocle, composta nel 409 A.C. che prende il nome dal su oprotagionista.
Filottete (gr. Φιλοκτήτης, lat. Philoctetes e Philocteta) è un eroe greco che, per avergli eretto e acceso la pira sul monte Eta, aveva ottenuto in premio da Eracle, un arco con le frecce avvelenate. Durante la guerra di Troia, a causa di una ferita infetta e puzzolente provocatagli da una vipera, Filottete viene abbandonato sull’isola di Lemno per dieci anni ad opera dei suoi compagni in viaggio per la guerra contro Troia.
La guerra era scoppiata dopo che, a Sparta, Paride era riuscito, con l’aiuto di Afrodite, a sedurre e rapire Elena. Paride prese parte alla guerra come arciere (nell’Iliade duella con Menelao) e, con una freccia diretta da Apollo, uccide Achille colpendolo nell’unico punto vulnerabile, prima di essere ucciso da una freccia di Filottete.
In seguito al vaticinio di Eleno [Eleno (gr. Ελενος) eroe della mitologia greca, figlio di Priamo ed Ecuba, indovino e guerriero] che, catturato da Ulisse, aveva rivelato ai Greci che per ottenere la vittoria dovevano far tornare Filottete con l’arco di Eracle, i Greci gli mandano Diomede e Neottolemo a riprenderlo: l’oracolo aveva svelato ai Greci che senza l'arco di Filottete Troia non sarebbe mai caduta e la battaglia, per vincere la quale Filottete era stato abbandonato, causa la sua incolpevole condizione, deprimente per l’esercito, non sarebbe stata mai vinta.
Diomede e Neottolemo (Quest’ultimo figlio di Achille) vengono incaricati di recarsi sull’isola di Lemno al fine di recuperare ad ogni costo l'arco di Filottete. Sofocle propone Odisseo come un personaggio crudelmente orientato ad ingannare Filottete per recuperare l’arco ed incarica il giovane Neottolemo di fingersi con Filottete in contrasto con i capi greci per farsi consegnare l'arco. Neottolemo recupera l’arco e lo consegna ad Odisseo salvo tuttavia alla fine pentirsi, motivo per cui riconsegna l’arco a Filottete.
Claude Gellée detto Lorrain (il Lorenese), nato nel 1600 a Champagne (in Lorena) apprende e pratica la pittura soprattutto in Italia, a Roma, ove vive la maggior parte della sua vita artistica e dove è anche sepolto, nella Chiesa di san luigi dei Francesi, sede di una delle più importanti opere di Caravaggio (il ciclo pittorico di San Matteo – L’ispirazione, la vocazione e il martirio di San Matteo), che, con il suo manierismo e realismo, unitamente al classicismo di Raffaello, aveva costituito la scuola che Lorrain traduce in un’opera che lo ha reso il più importante autore, in Italia e in Europa, di paesaggi ch’egli ricompone in uno scenario ideale anche ricorrendo a figure mitologiche.
Lorrain coniuga la sua fortuna artistica a paesaggi connotati da una «luminosità chiara e diffusa che contribuisce a creare un’atmosfera idillica e pacificata [Philippe Daverio – La Storia dell’Arte – Vol. X, pag. 66]». In quest’orizzonte artistico e narrativo è l’idea della Pietas, tuttavia quella negata, il soggetto del Guado, in cui campeggia un episodio della mitologia greca, l’incontro tra Paride ed Enone, la ninfa che, pur innamorata dell’eroe troiano, che l'aveva precedentemente abbandonata, per questo motivo si rifiuta di curarlo dalle atroci ferite che Filottete gli aveva inflitto con le frecce avvelenate.
Proprio quel Filottete che viene evocato nel 1600 per aver determinato la tragica sorte di Paride, che a quella sorte, la donna, la sua amante abbandonata, aveva a sua volta crudelmente lasciato, e che, invece, in un’opera del 409 A.C., ossia in epoca largamente precristiana era stato egli stesso a beneficiare di un atto come quello di Neottolemo che aveva a lui destinato un gesto di Pietas proprio non abbandonandolo (né tanto meno ingannandolo) ferito sull’isola di Lemno.
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In foto: (In alto a destra: Filottete di Vincezo Baldacci, 1783 circa - In basso a sinistra: Il Guado di Claude Gellée detto Lorrain )