Reggio Calabria, aborti senza consenso e lesioni a neonati: arresti e sospensioni per 11 medici agli Ospedali Riuniti
chirping: Il giuramento di Ippocrate pone al vertice dei doveri del medico l'assoluto rispetto della vita di ognuno ivi inclusa quella del concepito.
Da La Repubblica (on line) del 21.04.2016
Reggio Calabria, aborti senza consenso e lesioni a neonati: arresti e sospensioni per 11 medici agli Ospedali Riuniti
Lo scandalo nella principale azienda sanitaria del capoluogo. Quattro medici agli arresti e sette operatori sanitari sospesi dalla professione con accuse gravissime: con complicità diffuse avrebbero falsificato referti per 'coprire' le responsabilità in caso di interruzioni di gravidanza non volute, il decesso di due bimbi e le lesioni procurate ad altri neonati
di ALESSIA CANDITO
REGGIO CALABRIA - Aborti senza consenso, bimbi resi invalidi da manovre sbagliate o affrettate, partorienti ferite o maltrattate, interventi mal riusciti coperti da cartelle cliniche false, confezionate allo scopo. È lo scenario drammatico che emerge dall'inchiesta 'Mala Sanitas' della procura di Reggio Calabria, avviata su una serie di denunce per la morte di due neonati, per casi di lesioni procurate a bimbi e per maltrattamenti ai danni delle partorienti. Reati che sarebbero stati commessi nel presidio ospedaliero "Bianchi-Melacrino-Morelli", gli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, la principale azienda sanitaria del capoluogo reggino.
"Una bruttissima storia" la definisce un investigatore della guardia di finanza che questa mattina ha eseguito le misure cautelari chieste e ottenute per undici medici e operatori sanitari dai pm Annamaria Frustaci e Roberto Di Palma e del procuratore aggiunto Gaetano Paci. Per ordine del gip Antonio Laganà, quattro medici sono finiti ai domiciliari, mentre alte sette persone risultano indagate a piede libero perché accusate a vario titolo di falso ideologico e materiale, interruzione di gravidanza senza consenso ed altri reati.
La procura ha inoltre chiesto e ottenuto che 6 medici e un'ostetrica siano interdetti dall'esercizio della professione medica e sanitaria per 12 mesi. Una misura drastica, ma necessaria per impedire che i reati portati alla luce dalle indagini dei magistrati della procura di Reggio Calabria possano ripetersi. Sebbene alcuni dei camici bianchi colpiti da misura non siano più in servizio presso l'ospedale pubblico reggino, come l'ex primario Pasquale Vadalà, la maggior parte degli indagati, come i medici Alessandro Tripodi e Antonella Musella, continua a lavorare nel reparto in cui sarebbero stati commessi i reati.
A far scattare le indagini sono state le denunce di alcune coppie, determinate a non rassegnarsi alla "tragica fatalità" con cui era stata bollata la perdita del bimbo che per lungo tempo avevano atteso. Circostanze approfondite poi dagli investigatori, che dopo aver acquisito la documentazione medica in reparto, si sono accorti di tante, troppe anomalie e stranezze nelle cartelle cliniche.
Le indagini successive hanno portato alla luce un sistema di copertura illecito che, secondo l'accusa, sarebbe stato condiviso dall'intero apparato sanitario e che sarebbe stato attivato, per evitare di incorrere nelle conseguenti responsabilità, in occasione di errori medici commessi nell'esecuzione di interventi sulle singole gestanti o pazienti. Errori che, nella ricostruzione della procura, hanno provocato la morte di due bimbi appena nati, lesioni irreversibili per un altro bimbo dichiarato invalido al 100%, traumi e crisi epilettiche e miocloniche di una partoriente, ma anche il procurato aborto di una donna non consenziente e lesioni gravi ad altre pazienti. I dettagli dell'operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa presso il comando provinciale della Guardia di finanza di Reggio Calabria alla presenza del procuratore capo della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, Cafiero de Raho.