Mission
Se dovessi sintetizzare la mission del sito, senza eccesso di semplicità direi «accomodati … leggi, guarda o ascolta una cosa che ti piace e fai, se ti fa piacere, le tue riflessioni, io mi sono limitato a far affacciare le mie, nel titolo, o ad affidarle ... non a un tweet... ma, meglio, ad un chirping, un vero e proprio cinguettio, come quello di un cardellino (1) sempre in 140 caratteri».
Più che un sito, insomma, mi piace pensare a un salotto dove il visitatore entra, si mette a suo agio, e stabilisce una relazione, una compagnia, con i contenuti che vi trova.
E non deve considerarsi paradossale se tutto questo proviene dal lavoro quotidiano: la conduzione di uno studio legale restituisce, nella quotidiana esperienza di lavoro, la possibilità di sperimentarne gli ingredienti essenziali: competenza, esperienza, correttezza deontologica, attenzione, equilibrio, pazienza, cultura, informazione, aggiornamento, serenità ed equilibrio nelle relazioni con i clienti e con i giuristi investiti di ruoli che interagiscono con quello dell'avvocato; ovviamente in modo particolare l'attenzione verso i clienti, la cui cura, a livello di impegno mentale, necessariamente prosegue, anche oltre lo spazio dedicato allo svolgimento delle specifiche attività professionali.
Si potrebbe aggiungere, della professione, anche la funzione sociale, svolta mediante la proiezione all'esterno di tutto quanto concorre allo svolgimento della stessa e tanto altro ancora.
Tutto questo, si dirà (giustamente), è il presupposto di un esercizio della professione con modalità tali da garantirne la resa efficace in termini di servizio al prossimo.
Contemporanemente, però, costituisce anche un obiettivo, quotidiano, poiché ciascuno di quegli ingredienti, da un lato, richiede di essere amato e coltivato costantemente, dall'altro, è il frutto di un sapere, non solo giuridico, ma anche scientifico, letterario, artistico, che ha inconfutabilmente contribuito al formarsi del sapere giuridico che lo indirizza, secondo la sua funzione, alla regolazione dei rapporti ed alla composizione dei conflitti, in un quadro, di diritti e doveri, caratterizzato della finalità generale di tutelare il soggetto più debole.
Certamente sostare sulle manifestazioni di altri saperi può essere utile a ripercorrere l'incontro tra essi e, con la mente rivolta al quotidiano esercizio professionale, ad osservarne e tentare di riproporne la naturale fusione.
Giuseppe Mazzotta
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(1) I commenti e gli spunti di riflessione sono affidati al «cardellino» (in certo qual senso il contrario del grillo parlante che pontifica verità monocordi al di fuori di una relazione dialogica, tanto è vero che, nella celeberrima fiaba di Carlo Collodi, non riesce a convincere Pinocchio e neppure a orientarlo, ma stabilisce con lui una relazione solo quando le peripezie di Pinocchio si sono ormai pressoché concluse) che prende il suo nome dal cardo, una pianta ricca di spine.
Il cardellino, quando è inserito nel suo ambiente selvatico, affronta le spine del cardo perché attratto dai suoi semi, di cui è goloso, ma restituisce al mondo il piacere, procuratogli da questa attività, mediante un soave ed elegante cinguettio che pervade l'ambiente circostante.
Nella fiaba narrata da Carlo Collodi il Grillo compare in quattro occasioni: al capitolo IV, quando Pinocchio, alla ricerca di cibo in casa di Geppetto, lo sopprime sferrandogli contro un martello; al capitolo XIII, sotto forma di fantasma, quando cerca di illuminare Pinocchio sull'inganno che avevano perpetrato ai suoi danni il Gatto e la Volpe; al capitolo XVI, insieme alla civetta ed al corvo, dottori che visitano Pinocchio moribondo apparente a casa della Fata Turchina, ove si accorge, a differenza degli altri due personaggi, della finzione ingannevole di Pinocchio; infine al capitolo XXXVI, quando, proprio all'interno di una casa ricevuta in dono dalla Fata Turchina, offre ospitalità ed aiuto a Pinocchio e Geppetto usciti dalla pancia del Pescecane.