Della metamorfosi della parola e della cura di noi stessi ossia degli altri

BattiatoIn questi primi giorni del mese di giugno la lettura dei giornali restituisce il sentore di un clima emotivo assimilabile a una sorta di invocata rinascita o di fin troppo atteso risveglio da una condizione che non esiteremmo a definire letargica se non fosse stato per la sensibile cifra di sofferenza che ne ha caratterizzato il lungo e lento decorso negli ultimi sedici mesi da quel 9 marzo 2020 nel quale il mondo, a vari livelli e con molteplici modalità, si è visto costretto a “chiudere”, come si è detto, rivelando a se stesso la fragilità che il picco di narcisismo della parte più ingenua e distratta della cultura dominante aveva abitualmente obliato dentro a pratiche di socializzazione le quali sono state proprio l'incolpevole e fertilissimo terreno di diffusione del Covid – 19.

In questi primi giorni di una primavera, freddina nelle temperature ed appannata nel mood di un mondo disorientato dagli echi di un invito al rientro che, negli stessi annunziatori, appare più inedito che spontaneo, ci ha lasciato uno dei più grandi cantautori della storia della musica italiana (e non solo): Franco Battito era un poeta, un pensatore, una di quelle persone delle quali si sente davvero il bisogno, per la sua capacità di rigenerarci, come avesse la capacità di volare appena sotto alle nuvole che, in modo ricorrente e naturalmente, all’alternarsi della stagioni, incombono su di noi, sulle nostre esistenze, ricordandoci come lo sviluppo dell'esperienza non è circolare, bensì lineare, sempre diverso da se stesso, differente per ognuno di noi.

Ascoltando La cura, scritta nel 1997 e che, senza il timore di esagerare, si può senz’altro definire il suo più autentico e maturo capolavoro, Battiato ci consente di sperimentare tutto, con il valore aggiunto che esso acquista, come solitamente accade nei capolavori dell’arte, della musica e della letteratura, in momenti tra i quali possiamo far rientrare anche quello che stiamo attraversando.

Ed in questa caleidoscopica linearità sappiamo di avere rivissuto una sensazione di metamorfosi della parola, quel processo che ha caratterizzato anche fasi, tutto sommato neutre, della nostra storia personale e collettiva: non ci era forse già accaduto? Magari ce ne ricordiamo se torniamo un momento ad epoche alquanto più benevole e tranquille, per fare solo uno tra innumerevoli esempi che ciascuno di noi può annoverare, tipo quella dell’introduzione di quelli che all'epoca furono chiamati GSM ossia i telefoni cellulari nella disponibilità di una quantità differenziata e tendenzialmente sterminata di utenti: ci eravamo accorti che non dicevamo (e non ci dicevano) più «pronto?» ma dicevamo (e ci dicevano) «dove sei?»; durante e dopo la pandemia, non più il «come stai?» nel semplice intercalare introduttivo della buona educazione nella conversazione, ma una frase proferita con la sensazione di fare un giro attorno ad entrambi i membri della relazione, un check a distanza, su una tra le condizioni più preziose e intime della nostra esistenza e di quella dei nostri interlocutori, ossia la salute.

Possiamo anche provare a capovolgere l’inclinazione di questa suggestione pensando anche a quel «spero tutto bene», sideralmente lontano da quello «stiamo tutti bene» che nel 1990 ci portò al cinema pensando che vi avremmo trovato una storia della più efficace e raffinata commedia italiana ma che, sorpresa, ci proponeva, dalle abilissime mani di un conterraneo di Battiato, il siciliano Giuseppe Tornatore, un personaggio come Matteo Scuro, un anziano, vedovo, siciliano anch’egli, rimasto solo ad immaginare sempre di parlare con la propria moglie ed i figli pensandoli ancora bambini.

Quasi un'eterogenesi dei fini, indotta nella contemporaneità dalla pandemia, e che proprio sulla relazione interpersonale ha inciso, impedendola, facendocela vivere come qualcosa di pericoloso e, tendenzialmente, da evitare proprio allo scopo di proteggere il bene della salute, tutto ciò per evitare il contagio, ossia per preservare se stessi e gli altri, in qualche modo prendendosi cura di entrambi, con un unico atto.

Viene allora da domandarsi che cosa accadrà adesso, quando, gradualmente, si andranno a rimuovere i paletti imposti dalle autorità, sanitarie o governative, e la differenza, auspicabilmente, non sarà più tra chi è sano e chi è malato, almeno rispetto al Covid – 19, ma tra coloro i quali vorranno acriticamente tornare ad alcune pratiche che erano il portato storico e sociale della vita precedente e dello stile che la caratterizzava e coloro, invece, che volgeranno sulla realtà circostante uno sguardo, rinnovato, come solo quello informato ad una reale speranza può essere, nella piena consapevolezza dell’utilità dell’esperienza appena vissuta e del suo rapporto con quella che ci si propone nella contemporaneità post pandemica.Battiato 01

Probabilmente assisteremo anche a qualche conflitto tra chi penserà di conservare i vantaggi (ma anche la qualità di vita) conseguiti attraverso una riduzione degli spostamenti ed un lavoro più ordinato e performante proprio perché in maggiore armonia con la nostra natura che ci siamo resi conto, forse, avevamo messo sotto eccessiva pressione oltre che inserito in meccanismi tendenti più alla prestazione che gli altri danno per scontata che non riconducibili ad auspicabili personali e sempre rinnovate gratificazioni.

Insomma, secondo una domanda che rimane, essa sì, invece sempre uguale, «che mondo sarà?»: un mondo nel quale dare auspicabilmente più spazio alla cura, quella di noi stessi e quella rivolta agli altri: ci sarà chi vorrà comprensibilmente concentrasi sul ritorno alle (e sul ripristino delle) condotte precedenti la fase di emergenza pandemica ed è altrettanto comprensibile porsi il dubbio sulla consapevolezza che ciò possa realmente accadere nel nostro intimo sentire, visto che la percezione, pur inattesa ed imposta, della nostra fragilità e, quindi, del nostro bisogno di cura, tenderà ad affrancarci dallo sguardo ingenuo che in passato si permetteva potesse essere gettato sulla nostra quotidianità, mentre ne potremo avere senz’altro in dono uno nuovo e più consapevole.

E la buona notizia è che tutto questo farà lievemente assomigliare il nostro sguardo sulle cose del mondo a quello di un artista, spesso riconoscibile proprio per la sua capacità di oltrepassare il limite imposto, nell’assuefazione, dalla forma convenzionale che gli oggetti delle nostre esperienze assumono nella realtà.

E un grande artista era (ed è) certamente Franco Battiato, così come un vero e proprio capolavoro è La Cura, di un lirismo intenso e maturo, in una struttura che sembra essere quella di una sorta di prosa in versi che, come scrive il suo Autore, ci può salvare da quella malinconia (Ti salverò da ogni malinconia perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te, Io sì, che avrò cura di te) che potrebbe sopraffare coloro che sono disposti a cedere all’ingenua tendenza di tornare a una quotidianità di relazione con gli altri che non potrà né dovrà più essere quella di prima.

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https://www.youtube.com/watch?v=cLJp-YJeuzc

 

Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie

Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via

Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo

Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai

Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore
Dalle ossessioni delle tue manie
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare

E guarirai da tutte le malattie
Perché sei un essere speciale
Ed io, avrò cura di te

Vagavo per i campi del Tennessee
Come vi ero arrivato, chissà
Non hai fiori bianchi per me?
Più veloci di aquile i miei sogni
Attraversano il mare

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza
Percorreremo assieme le vie che portano all'essenza
I profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi
La bonaccia d'agosto non calmerà i nostri sensi

Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare

Ti salverò da ogni malinconia
Perché sei un essere speciale
Ed io avrò cura di te
Io sì, che avrò cura di te

[Franco Battiato]

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- 8 maggio 2014

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